Qualcosa sta cambiando


Qualcosa sta cambiando

Terra, clima e il bivio del mondo tra l’allarme e la coscienza

Photo by Esther Driehaus

Deserti che avanzano, ghiacciai che si sciolgono, temperature in continuo aumento: sono segnali di un cambiamento drastico e arrivano direttamente dal pianeta Terra. Sembra che qualcosa di grande stia accadendo, ma come andrà a finire?

Da miliardi di anni, la Terra vive di equilibri che permettono la vita in modo sorprendente mente preciso. Tutto sembra meticolosamente calcolato, ogni cosa che accade in terra, mare e cielo si muove in una relazione diretta con gli organismi viventi che la abitano.

Una forza misteriosa, potente e a volte quasi spaventosa tiene tra le mani questi preziosi equilibri, che talvolta osserviamo esplodere in eventi tanto straordinari quanto catastrofici. Quella stessa terra su cui fondiamo le nostre città è in grado di tremare e distruggere, e quella stessa onda che docile culla il mare, sa alzarsi e con forza travolgere ogni cosa. Questa è la natura, che amiamo come si ama una casa e che temiamo come si teme una padrona, senza saper dire con certezza se sia con noi o contro di noi. Ma cosa cambia quando invece è l’uomo, forte del suo progresso, a decidere se essere con o contro la natura?

È questo il conflitto che recentemente si respira nelle grandi piazze del mondo: cartelloni colorati che in nome della Terra chiedono rispetto, e palazzi grigi che intorno a queste piazze chiudono le porte, non avendo una risposta. Cosa sta succedendo? Perché tutto d’un tratto l’umanità si trova stretta e minacciata da se stessa e dalla sua stessa casa? Riscaldamento globale, anidride carbonica, petrolio: sono le parole chiave del disastro, i cattivi di una storia dal finale spaventoso di cui conosciamo solo qualche tratto, ma che nell’incomprensione generale diventano i nemici da temere e combattere. Se da una parte infatti, la politica si mostra sprovvista e inadeguata a fornire soluzioni, dall’altra questa così evidente e diffusa incapacità di comprendere, sfocia in teorie universalmente approvate che sembrano non richiedere ulteriori conferme.

Così, mentre gli allarmisti invadono i media invocando al cambiamento drastico, i negazionisti cercano ostinatamente di convincere le folle che l’uomo nulla può del riscaldamento globale. Il dibattito cresce, alimentato da accuse di ogni tipo, dal complotto delle rinnovabili al complotto delle industrie: chiunque si improvvisa scienziato e ognuno ha una propria idea sulla geopolitica del petrolio. Non c’è dubbio che siano in gioco grandi interessi, e proprio per questo, la parola chiave per comprendere ciò che sta accadendo è coscienza. Se del futuro non possiamo dire niente con certezza, è prima di tutto il presente il punto di partenza per un giudizio concreto.

Il progresso moderno è imprescindibilmente legato all’energia, che a sua volta, almeno attualmente, è strettamente connessa alla parola emissioni: l’80% dell’energia prodotta in Europa si ottiene sostanzialmente bruciando idrocarburi, e quindi generando emissioni di gas esausti. Insieme all’inquinamento da rifiuti, le emissioni di gas serra sono nel mirino delle proteste, che chiedono ai governi delle azioni concrete contro l’emergenza climatica. Ma quali sono queste azioni concrete?

Qual è la soluzione che i governi dovrebbero applicare? Dove troveremo quest’energia, adesso che non vogliamo più quella che abbiamo? Questa domanda non ha una risposta semplice, perché non bastano le rinnovabili, non bastano le macchine elettriche e non basta il riciclo.

Si intuisce guardando i numeri, non quelli sull’innalzamento della temperatura che tanto si discutono, ma i numeri che raccontano la nostra vita di tutti i giorni: da dove viene la nostra energia, quanta ne compriamo, quanto costa e come la usiamo.

Questi numeri portano alla luce il vero problema, cioè che le nostre giornate dipendono da un sistema estremamente complesso, di cui non abbiamo la minima consapevolezza. In questo senso, se si può dire che l’utilizzo delle fonti idrocarburiche rappresenti un problema ambientale, prima ancora è necessario riconoscere che il loro mercato stringe il mondo in una rete di scambio tanto delicata quanto pericolosa, che va oltre l’incombenza delle emissioni. Prendere delle misure per limitare la dipendenza dalle fonti fossili è certamente necessario e urgente, ma prima di tutto è indispensabile comprendere la complessità del problema e valutare scrupolosamente ogni proposta di soluzione, con tutte le sue conseguenze.

Oggi, nel 2019, viviamo in un mondo che non è sostenibile, proprio nel significato più banale del termine: una situazione non sostenibile, cioè che in questo modo non può andare avanti. Questo andrebbe prima di tutto spiegato alle migliaia di ragazzini che saltano scuola per protestare in nome del pianeta, mentre 60 milioni di altri ragazzini dello stesso pianeta a scuola non ci sono mai andati. Quanto sappiamo davvero di quello che sta accadendo nel mondo? Non tanto di quello che accadrà, ma di quello che oggi accade, quanto ne siamo consapevoli? In un contesto sempre più globalizzato, ancora siamo abituati a pensare al mondo escludendo quei cento milioni di persone che non pensano alle emissioni perché, banalmente, non hanno da mangiare. Come questo aspetto si inserisce nel cambiamento che chiediamo?
E che prezzo ha?

Se riconoscere la complessità del problema non significa risolverlo, è almeno il primo passo per ottenere uno sguardo concretamente costruttivo. Il ruolo che abbiamo noi, giovani e studenti, e in parte imprenditori del domani, è prima di tutto la responsabilità di una coscienza. Se gli adulti di oggi non sono in grado di dare risposte e anzi, quasi con imbarazzo, riconoscono la loro approvazione alle proteste accusando poteri di forza maggiore, da oggi non basta più accusare, ma è necessario educare. Giustificare un’assenza a scuola a favore del pianeta non ha alcun significato se le stesse scuole non forniscono gli strumenti necessari a costruire una coscienza critica. Così, anche discutere in televisione non ha nessun valore, se la posta in gioco è ancora chi ha torto o chi ha ragione sul riscaldamento globale.

Nel frattempo, la Terra continuerà a girare, a cambiare, a evolversi, i suoi equilibri continueranno ad agire misteriosamente, lasciando ai posteri l’ultima parola: come andrà a finire?

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