“I promessi Sposi”



“I promessi Sposi”

La rivelazione dell’ Umano ai tempi della peste

“Historia Magistrae vitae” (“la Storia [è] maestra di vita”). Queste sono le parole con cui Cicerone, uno dei più celebri storici del mondo latino, definisce la Storia affermando che i suoi protagonisti sono gli uomini, poiché sono loro  che la “scrivono”, portando con sé un ulteriore aspetto fondamentale: rivelare l’umanità di persone e popoli vissuti in tempi e luoghi diversi. In questi giorni in cui il Covid-19 sta affliggendo tutta la popolazione mondiale, si sta scrivendo una triste pagina della storia dell’umanità, che molti vorrebbero dimenticare a causa del numero elevato di vittime e del crollo dell’economia globale. Ciononostante, anche in questo momento riesce ad emergere l’umanità delle persone: ne sono testimoni i medici e gli infermieri che sono impegnati in prima linea per salvare quante più vite possibili. Non è la prima volta che un’epidemia miete migliaia di vittime: infatti sono stati scritti numerosi saggi storici che illustrano dettagliatamente come si siano diffuse le pestilenze nel passato e le conseguenze che esse hanno generato. Tuttavia ciò che non si può cogliere da un freddo manuale è come sia emerso il vero comportamento umano nella sua essenza più profonda al di là dei mutamenti politici ed economici. Uno degli scrittori che ha descritto l’umanità che si cela dietro la Storia è stato Manzoni ne “I promessi Sposi”.

All’interno del romanzo lo scrittore esegue una descrizione a tutto tondo della vita ai tempi della peste che tra la fine del 1629 e il 1630 si era diffusa nel Nord Italia; in questo caso l’espansione della pestilenza era stata accompagnata dalla perdita da parte dei cittadini del buon senso e dell’umanità. Ogni persona percepiva l’altro come nemico, in quanto possibile portatore della malattia, a tal punto da rompere persino i “vincoli dell’umana carità”, cioè l’incrinarsi dei rapporti fondamentali della vita comune come quello fra moglie e marito o fra genitori e figli. L’apice di tale disumanità era rappresentata dai monatti: malviventi incarcerati a cui era stato affidato il compito di raccogliere i cadaveri dalle strade o dalle case e di seppellirli in fosse comuni, e che in virtù di ciò approfittavano per fare razzie nella città di Milano elevandosi al di sopra della legge. In questa situazione drammatica Manzoni mostra dei piccoli spiragli di umanità, ne è un esempio l’intervento dei frati cappuccini all’interno del lazzaretto, i quali agivano per il bene spronati dal cardinal Federigo Borromeo con queste parole: “siate disposti ad abbandonar questa vita mortale, piuttosto che questa famiglia […]andate con amore incontro alla peste, come a un premio come a una vita, quando ci sia da guadagnare un’anima a Cristo”. L’opera dei frati  per soccorrere la popolazione incise profondamente nella Storia poiché riuscirono a riorganizzare il lazzaretto aiutando i medici e salvando migliaia di vite. Manzoni mostra come tra la gente comune ci sia ancora un barlume di umanità anche attraverso il personaggio di Renzo. L’autore racconta che, mentre il giovane gira per la città di Milano (cercando Lucia), viene chiamato da una donna che, in seguito alla morte del marito, era stata chiusa in casa con i figli dai monatti senza cibo né acqua, e immediatamente le offre un paio di pagnotte prese entrando in città. Dunque lo scrittore palesa la vera natura umana attraverso un gesto caritatevole compiuto da un uomo semplice. L’ultima toccante immagine che manifesta un’umanità che si oppone alle crudeltà di quel periodo, viene descritta dall’autore attraverso gli occhi di Renzo nel momento in cui  vede una giovane donna di una  “bellezza velata e offuscata” con la figlia in braccio dirigersi verso un carro guidato da monatti. La bambina, ben pettinata, indossa un vestito bianco candido, come se fosse stata preparata per una festa attesa da lungo tempo, ma la mano pallida e penzolante tradisce il corpo senza vita, che viene consegnato al monatto. Quest’ultimo di fronte a tale tenero dolore assume inaspettatamente un atteggiamento rispettoso nei confronti della donna, che poggia con dolcezza la figlia sul carro e, dopo averle baciato la fronte un’ultima volta, le augura di riposare in pace. Ciò mostra che, anche di fronte ad una realtà così cruda  c’è ancora speranza per mantenere uno sguardo aperto e sincero, che ha origine dalla radice più profonda dell’umanità, ossia l’amore stesso, in questo caso di una madre verso la figlia defunta. Manzoni svela in fondo che la natura umana non cambia nella Storia: la mentalità dei popoli è ancora influenzata da essa e al centro di questa vi è il desiderio di guardare una verità nella realtà; per questo l’uomo, dopo che ha incontrato ciò che più corrisponde al proprio desiderio, non può tradirlo, così come una madre non può negare il proprio amore per la figlia.

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