Polisocial



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Le sfide sociali incontrano la didattica, un’università che guarda il mondo

Elisabetta Mambelli e Giorgia Doni

L’università è chiamata oggi ad interrogarsi sul proprio ruolo riguardo a sfide sociali sempre più attuali. Polisocial nasce proprio in questo contesto, quando nel 2012, assieme a internazionalizzazione e promozione multidisciplinare, la responsabilità sociale entra a far parte dell’agenda politica dell’Ateneo. Incuriosite dal fatto che il Politecnico comprenda questo impegno all’interno della sua offerta didattica e formativa, abbiamo incontrato Ida ed Emanuela del team di Polisocial e ne è nato questo dialogo.

CHE COS’È POLISOCIAL?
Polisocial è un programma che collabora con ricercatori e professori di diversi Dipartimenti, in maniera trasversale,
su temi che non è scontato vengano approfonditi in ambito universitario. L’obiettivo è quello di costruire un legame tra ciò che si fa in università e quello che succede fuori, cercando così di abbattere il concetto di università come ivory tower, ovvero un’istituzione di alta formazione che produce conoscenza e innovazione, ma che fatica ad esportarle a servizio del territorio e della società.
Quello che Polisocial si pone di fare
è fornire risorse, sia economiche
che di struttura, promuovendo una collaborazione tra i docenti, per un direzionamento dell’attività scientifica di Ateneo verso temi legati al sociale.
Di conseguenza Polisocial ha una grande potenzialità di orientamento per gli studenti, nel far capire che essere un ingegnere, un architetto o un designer può voler dire anche collaborare con Associazioni e ONG.
L’organigramma di Polisocial prevede un board composto da vari delegati a livello istituzionale, oltre alla nostra responsabile, Susanna Sancassani,
ed il team operativo formato da noi: Ida, Emanuela e Martin.
Il programma si struttura attorno a tre aree di attività: la didattica sul campo, l’ambito della ricerca e quello della cooperazione internazionale
e dello sviluppo.
La didattica sul campo si basa su un’idea di interazione tra l’attività formativa
del Politecnico e le realtà esterne, appartenenti al terzo e quarto settore del welfare. Si tratta di progetti formativi che, usando le competenze degli studenti e dei docenti, rispondono a necessità che le realtà locali e sociali pongono. Queste attività vedono un docente come intermediario tra gli studenti del suo corso e varie Associazioni che lavorano in diversi quartieri della regione urbana milanese. Il valore maggiore di questo approccio sta nella possibilità di operare sul campo, proiettandosi nel contesto di lavoro, innovando quindi la didattica con un metodo estremamente pratico.
È stato sviluppato, ad esempio, un laboratorio di Design del Prodotto che ha lavorato per diversi anni sul tema dell’autismo, interrogandosi rispetto al ruolo del Design per il sociale.
Oppure un tipo di didattica del genere si é vista applicata al progetto Mapping San Siro, un laboratorio ancora attivo che lavora per migliorare le condizioni di vita e abitabilità di questo quartiere di edilizia residenziale pubblica.
Sul fronte dell’Ingegneria c’è stato un progetto molto interessante sviluppato assieme ad un’impresa sociale che lavora con i giovani adulti di San Vittore. In attesa che venga loro attribuita la pena, questi giovani si trovano in una condizione molto precaria: il progetto si é occupato di trovare un modo affinché potessero seguire un iter di inserimento lavorativo durante il periodo di carcere. A questo scopo un gruppo di ingegneri gestionali ha quindi ideato un business plan per la produzione dell’olio.
Infine, da una recente collaborazione con il progetto Arca sul tema dei migranti, è nata una simulazione di Call For Action, in cui veniva proposto agli studenti di progettare servizi, corsi e attività che
il Politecnico potesse offrire a queste persone. È stato interessante, vista la complessità del tema.
Perciò, tutte queste iniziative nascono con l’idea di sviluppare un lavoro dentro un contesto didattico, per poi consegnarlo a partner esterni, affinché sia a loro
utile per sviluppare le attività di cui l’Associazione stessa si occupa. Polisocial Award, invece è un premio destinato a progetti di ricerca ad alto impatto sociale. Dal 2012 il Politecnico ha deciso di impegnarvi il suo 5×1000,
in modo che i soldi donati dalla società vengano restituiti alla stessa, sotto forma di progetti di ricerca per il sociale. Su questi temi il docente lavora coinvolgendo gli studenti tramite corsi, laboratori, tirocinii o tesi.
COME PUÒ UNO STUDENTE PARTECIPARE AI PROGETTI?
I progetti vengono attivati dentro al percorso didattico, sia in Triennale che in Specialistica. Per quanto riguarda Polisocial Award, è possibile partecipare grazie alle collaborazioni attivate dai docenti in gruppi di ricerca a livello di Dipartimento.
Per il tipo di attività che ci siamo immaginati, infatti, avere il docente come intermediario ci sembra la modalità migliore per garantire ai soggetti esterni una qualità delle competenze messe in gioco e contesti chiari di lavoro, in termini di tempo e organizzazione.
Inoltre, il lavoro di progettazione svolto con le Associazioni esterne e con i docenti serve anche a portare una certa sensibilità in Ateneo rispetto a tali tematiche, affinché esse possano entrare a far parte della Didattica.
Ci siamo interrogati molto sulla possibilità che Polisocial potesse proporre anche offerte di attività di volontariato, ma abbiamo preferito spostarci su un modello che possiamo chiamare volontariato competente. L’idea alla base è che quella competenza di architetto, designer o ingegnere nelle sue diverse declinazioni possa essere utile ai soggetti legati al terzo e quarto settore.
Inoltre queste esperienze permettono di sviluppare altre competenze trasversali, ossia soft skills, come la capacità di lavorare in gruppo o in situazioni
di conflitto. 

QUALI SARANNO GLI SVILUPPI FUTURI DEL PROGRAMMA?

In questi giorni stiamo lavorando all’idea di usufruire della rete di relazioni che il programma ha costruito in questi anni, con tanti soggetti di natura differente. Ad esempio, usando il nostro patrimonio di contatti, ci piacerebbe arricchire l’offerta formativa di stage del Politecnico attualmente molto orientata alle aziende, per riuscire ad offrire ai giovani laureati stage anche in ambito sociale.
Al momento non riusciamo ancora ad essere direttamente propositivi a tutti gli studenti del Politecnico, ma vorremmo fare in modo che Polisocial diventasse un punto di riferimento per studenti che vogliono svolgere attività nell’ambito sociale. L’idea è di ampliare a tutti
gli ambiti disciplinari del Politecnico esperienze di questo tipo: sfruttare al meglio la nostra rete di soggetti per vedere a chi potrebbe rivolgersi lo studente interessato, tra le varie ONG e Associazioni.

CI SONO OCCASIONI
DI INTERAZIONE TRA I DIVERSI CORSI DI LAUREA?

Ci sono state delle esperienze sulla multidisciplinarietà che dimostrano come sia possibile pensare l’Università in maniera non scontata. Ad esempio, c’è un progetto che si chiama TEEN che ha vinto l’Award dell’anno scorso, in cui è coinvolto il Dipartimento di Matematica, oltre che il DEIB e il DAStU.
TEEN lavora con dei giovani rifugiati
in strutture di accoglienza di Milano
e fornisce loro opportunità di studio della matematica e di altre discipline
del Politecnico. In questo modo hanno la possibilità di accrescere una serie di capacità personali, verso un futuro di integrazione, durante quel periodo di passaggio che è la richiesta di asilo.
Non è scontato che vengano usate delle risorse dell’università per delle persone, per un progetto del genere.
Un altro progetto si chiama EnerPOP, gestito da ingegneri energetici
e anch’esso comprende più Dipartimenti, con lo scopo di agevolare la cooperazione. Lo studio si concentra su via Feltrinelli
e, nel giro di due anni, ha elaborato processi di innovazione energetica e funzionalizzazione dell’energia tali da portare beneficio non solo alla singola abitazione, ma alla comunità locale. Queste sono attività sperimentali da cui si può creare un modello da applicare
in futuro e che può diventare così una conoscenza per il Politecnico e per la città stessa. Di fatto il Politecnico di Milano
è la prima università in Italia ad avere
un programma di questa natura a livello di Ateneo. Si tratta di una grande sfida, perchè è molto ambizioso costruire su questi temi una collaborazione attiva tra la dimensione istituzionale dell’università e il lato che riguarda direttamente gli studenti e i docenti.
Desideriamo, quindi, che si crei uno storico dal quale si possa innescare un meccanismo che porti i professori ad interessarsi di questi temi andando oltre il proprio interesse personale. Vorremmo che si creasse una sorta di naturalità da parte del docente a trovare un esito con un’utilità sociale della sua disciplina.
La nostra ambizione è che ci sia un cambiamento culturale rispetto a quelli che sono i temi della ricerca e della didattica, in modo che anche per gli studenti ci sia la possibilità di trovare approcci,
spunti e applicazioni nell’ambito sociale. 

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