Quale ruolo ha l'università nella ripartenza?

Conte al Politecnico di Milano

Nel Decreto Legge “Rilancio” sono state finalmente adottate misure importanti in supporto dell’università e della ricerca. L’attuale situazione di crisi coinvolge anche il comparto dell’università per cui si stima una diminuzione delle immatricolazioni per il prossimo anno dal 10% negli scenari migliori al 20% nei peggiori. Questa crisi minaccia di aggravare la situazione di sottofinanziamento in cui gli Atenei italiani si trovano da più di 10 anni. Occorre riconoscere però che l’emergenza è stata anche motivo di grandi cambiamenti: in poche settimane tutta l’attività didattica degli Atenei (lezioni, esami, seminari…) è stata trasferita su piattaforme digitali permettendo così agli studenti di non perdere il semestre. Da questo punto di vista l’università è uno dei settori pubblici che sicuramente ha meglio reagito a questa crisi, approfittando della situazione per migliorarsi e acquisire nuove competenze (pensiamo appunto a tutta la didattica online e ai suoi possibili sviluppi futuri).

Seguendo il dibattito politico di questi giorni mi chiedo: che ruolo ha oggi l’università? Si parla di tutto: dai bonus per le vacanze alle mascherine a prezzo calmierato, ma è l’università la grande esclusa. Sarà che a interessarsi di università, purtroppo, sono quasi solo gli universitari. Sembra quasi che l’università sia ridotta, agli occhi dell’opinione pubblica, semplicemente ad un erogatore di nozioni, prima in aula e ora online, ma poco importa. Eppure in fondo, se ci fermiamo un attimo a riflettere, credo sia evidente a tutti quanto sia fondamentale la ricerca soprattutto in un momento di crisi come questo. È la ricerca che permetterà, si spera a breve, di trovare un vaccino. Sono sempre ricercatori quelli che all’ospedale San Matteo a Pavia stanno sperimentando una possibile cura con il plasma dei pazienti guariti. Al di là della medicina, pensiamo anche alle competenze che il nostro Politecnico sta mettendo al servizio della comunità certificando i materiali per le mascherine o producendo liquido igienizzante. L’università si sta rivelando sempre di più un motore capace di dare una spinta nuova al nostro Paese, un luogo in cui le sfide del presente sono raccolte e ai giovani date tutte le competenze e conoscenze necessarie per potervi rispondere.

Tornando all’ultimo DL, mi sembra di cogliere che, almeno in parte, sia diventata chiara anche al governo l’importanza che ha l’università per il futuro dell’Italia. Sono stati stanziati 1,4 miliardi di euro per il comparto dell’università e in particolare quasi 300 mln per il sostegno al diritto allo studio. È sicuramente una manovra significativa: il ministro Gualtieri lo ha definito “il maggior finanziamento della storia all’Università e alla ricerca, per finanziare il nostro domani e non solo il presente”. Mi colpisce molto questa affermazione perché denota una ritrovata attenzione nei confronti della formazione intesa come investimento sul futuro del nostro Paese per cui l’azione di governo non si riduce semplicemente al cercare di tappare i buchi nel presente. Badate bene, in questa situazione di emergenza è fondamentale pensare al breve periodo e molte cose possono essere ancora fatte, ma investire sull’università è altrettanto importante perché è il primo passo per ricominciare a costruire. 

In tanti prevedono che usciremo in qualche modo cambiati da questa emergenza. Io confido che l’università possa superare questa crisi rafforzata e avendo ritrovato il suo ruolo di protagonista. Questa manovra è significativa ma non può essere un intervento una tantum, occorre un cambio di paradigma e iniziare ad investire sulla formazione, sul futuro, in modo strutturato e continuativo. Sarà il tempo a verificare se l’affermazione del Ministro era pura retorica o effettivamente indicava una sincera intenzione di “finanziare il nostro domani”.

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