Umanità di sistema: il paziente nella sanità.

“Prof, ma noi cittadini che ruolo giochiamo?”

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All’interno del sistema sanitario si distingue “l’umanità personale”, tra paziente e operatore, e “l’umanità di sistema”: come l’industria sanitaria considera i pazienti.

Durante una chiacchierata con il nostro professore di Analisi e Organizzazione di Sistemi Sanitari Marcello Crivellini¹  abbiamo analizzato “l’umanità di sistema”.

Una cosa ci ha colpito fin da subito: il paziente non è al centro né dell’organizzazione né della programmazione degli ospedali o del sistema sanitario in generale. Sembra un’assurdità eppure fin dalle prime strutture sanitarie moderne, che nascono dopo la Seconda guerra mondiale, era il paziente a doversi adattare ai ritmi serrati dell’ospedale, scanditi dai turni del personale: colazione all’alba e cena con le galline. Questa impronta quasi militare, simile a quella delle caserme, solo in parte si è addolcita negli anni.

Spesso anche la programmazione del personale medico e dell’innovazione tecnologica vertono su interessi diversi da quelli del cittadino. Infatti l’assunzione dei dipendenti sanitari paradossalmente è regolata più dall’INPS, (per via delle tante norme di pensionamento anticipato, finestre ecc) che da una ragionata programmazione delle professionalità sanitarie necessarie. L’avanzamento tecnologico degli ospedali rincorre a volte la fama dell’azienda, mettendo in secondo piano i bisogni del malato. Ad esempio in Lombardia sono presenti 22² robot da Vinci:  macchinari sofisticati con una precisione elevata adatti a operazioni micro invasive, il cui costo è di circa 3 milioni di euro³. Però la loro utilità è ridotta in quanto il numero di interventi in cui risultano utili non sono così numerosi. Di fatto ne basterebbero molti meno.

Confrontandoci con il professor Crivellini è stato impossibile non parlare del Covid-19 e della risposta sanitaria all’emergenza. Si parla tanto dei nuovi ospedali creati nelle fiere, che vanno ad aumentare il numero di letti per reparti Covid: questi risultano però come un organo staccato dal corpo, lontani dagli ospedali e dagli altri reparti e rivelano un’attenzione al paziente solo come infetto, da isolare, mettendo altri possibili bisogni in secondo piano. In questo periodo di emergenza, un paziente al momento del ricovero perde qualsiasi contatto con i propri familiari, soprattutto gli anziani, poco avvezzi agli smartphone. Anche i parenti ricevono poche notizie, e spesso non ufficiali. Basterebbe un operatore con un tablet per permettere brevi visite virtuali, sarebbe una cura non meno importante di quella medica, in quanto anche le relazioni sociali incidono sul progredire delle patologie. Un servizio con costi irrisori rispetto a quelli dei robot da Vinci!

Tre mesi fa, all’inizio dell’emergenza in Cina, ignoravamo la possibilità che il virus potesse raggiungerci; questo ha portato a sottovalutare la crisi sanitaria che ci ha colto impreparati. In Italia l’assenza di linee guida comuni tra gli ospedali ha contribuito a una risposta poco efficace, generando caos e confusione. Purtroppo capita che le strutture paladine della salute, gli ospedali, siano in qualche modo le stesse che la danneggiano, come nel caso delle infezioni ospedaliere che colpisce il 6% dei pazienti⁴. Ne è un esempio anche il caso di Semmelweis: medico Ungherese che nel 1847 trovò il rimedio, semplice ma non scontato, alla febbre puerperale⁵ : lavare e disinfettare le mani prima di visitare le pazienti. Erano proprio i medici che, venendo a contatto con i batteri durante le autopsie, costituivano il veicolo della malattia. La sua teoria fu rifiutata e Semmelweis morì, nel 1865, in un manicomio. Probabilmente anche il sistema sanitario odierno non accetterebbe di essere una concausa di questa crisi. Eppure le emergenze sono occasioni di crescita e miglioramento, o così dovrebbero essere considerate. Basterebbe un’abitudine così semplice come lavarsi le mani a limitare la diffusione di virus e batteri. 

“Il sapone: la tecnologia più avanzata ed efficace, da molti sottovalutato, di certo non da Semmelweis.” (cit. Chiara e Mario)

Quindi cosa si può imparare e cosa si potrebbe fare? Di molto semplice intendiamoci!

Il professor Crivellini suggerisce qualche semplice ma non banale miglioramento. Per esempio, come nella lotta al terrorismo sono stati imposti controlli di sicurezza negli aeroporti, così nella lotta alle infezioni e ai virus si potrebbe creare un passaggio obbligatorio all’ingresso e all’uscita degli ospedali: un lavandino, del sapone e salviette di carta, magari un disinfettante. Questa precauzione permetterebbe sia di limitare l’ingresso di batteri negli ospedali ma anche la possibilità di portarli fuori. Ovviamente lavarsi le mani, spesso e bene, è un’ottima abitudine!

Inoltre, si nota che in caso di emergenze la struttura rigida dell’ospedale, sia come edificio che come personale, non regge. Essa, secondo il professor Crivellini, dovrà essere organizzata in modo dinamico ed elastico permettendo di riconvertire reparti in caso di bisogno, modificando il proprio assetto e il numero di letti. Questo tipo di concezione si dovrebbe riflettere anche nella formazione degli operatori ospedalieri (medici ed infermieri), assicurando corsi di aggiornamento che coprano le differenti specialistiche, così da mantenere competenze trasversali . Insomma: un’organizzazione più versatile, capace di rispondere ai cambiamenti e soprattutto alle emergenze!

I rinnovamenti vanno fatti guardando al paziente e alle sue necessità, da quelle mediche a quelle quotidiane: come una visita, un’abitudine che lo fa sentire a casa e al sicuro, un gesto di affetto. La sfida è che il sistema sanitario sia un’industria umana, efficiente anche nel soddisfare il cliente e non soltanto il proprio prestigio.

E noi come possiamo contribuire? Informandoci, chiedendo di avere gli strumenti per farlo, di poter valutare e giudicare il servizio ricevuto e che questi siano dati visibili a tutti permettendo una scelta libera e consapevole. Di conseguenza questo potrebbe essere un punto di partenza nel riformare il sistema sanitario apportando miglioramenti.

Vi ricordate quella maestra che vi metteva buono in matematica anche se avevi fatto solo un piccolo errore? Perché eri bravo ma dovevi comunque migliorarti. Così vale anche per il sistema sanitario italiano e lombardo: è buono, ha molti punti in cui eccelle, ma non basta, bisogna migliorarsi continuamente e non adagiarsi sugli allori. Non è una questione di quanto viene investito, ma di come vengono usate e distribuite le risorse.

¹ Il professor Crivellini è stato deputato del Parlamento, Consigliere della Presidenza del Consiglio e Commissario Straordinario di un Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, inoltre ha fatto parte della Commissione Ministeriale “Salute e Disabilità” per il rinnovo delle Nomenclature

 ² (“Chirurgia Robotica: Facciamo Il Punto – Focus.It” 21 maggio 2019.)https://www.focus.it/scienza/salute/da-vinci-chirurgia-robotica-facciamo-il-punto

³ (“Chirurgia Robotica, Con Il 100esimo Robot Da Vinci Italia al Top in Europa Con La Francia. Utilizzo Sempre Più Diffuso in Urologia” 1 giugno 2018) https://www.sanitainformazione.it/salute/chirurgia-robotica-100esimo-robot-vinci-italia-al-top-europa-utilizzo-urologia/

Health at a Glance: Europe 2019, OECD

⁵ La febbre, o sepsi, puerperale è una grave infezione batterica dell’utero che può verificarsi dopo un parto o un aborto.

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