Dalla Finlandia alla quarantena, quello che è rimasto

Come l'Erasmus di sei mesi fa mi aiuta oggi nel mio stare a casa?

Sono Gabriele e faccio il secondo anno di magistrale in Ingegneria Gestionale, sono stato in Erasmus il primo semestre di quest’anno a Jyvaskyla, una cittadina della Finlandia a circa tre ore a nord dalla capitale, Helsinki.

Mi sono trovato in casa con altri due ragazzi del Poli che non conoscevo, ma con il tempo è nata una bella amicizia. Gli stessi corsi da frequentare e la stessa vita in università ci hanno permesso di conoscerci meglio e di orientarci in un mondo apparentemente così diverso da quello a cui siamo abituati in Italia. La più grande differenza rispetto all’università italiana è stata trovare tantissimi spazi relax (alcuni con anche la playstation) per riposarsi tra le ore di lezione. Con il tempo abbiamo organizzato anche due viaggi stupendi, il primo a San Pietroburgo e il secondo in Lapponia. Sono stato molto contento di questa esperienza, sia per aver conosciuto un paese totalmente diverso dall’italia, sia per aver incontrato persone che non ho deciso io a priori ma che mi sono state messe davanti in quel frangente e che mi hanno fatto crescere. Sono partito molto timoroso rispetto al vivere fuori casa, proprio perchè era la prima volta per me, ma mi sono sorpreso di come invece sia riuscito ad abituarmi molto in fretta alla vita di appartamento (è stato bello organizzare le cene tutti insieme con gli altri ragazzi della residenza).

In questo periodo invece siamo chiusi in casa e sembra proprio il contrario rispetto alla fin troppa libertà dell’Erasmus. Da una parte i luoghi e le persone nuove incontrate e dall’altra la tua casa, che conosci da sempre, con la tua famiglia. C’è però un punto in comune, inaspettato, che aiuta a non cadere nella noia delle giornate, e che mi rilancia: la necessità dei rapporti con gli amici. Sia in Erasmus in Finlandia che adesso mi accorgo di come la necessità di raccontarsi le giornate e di prendersi sul serio sia una costante che aiuta tantissimo a dare un giudizio sulle giornate e a non lasciarle cadere nel vuoto. Sia che tu stia vivendo dei fatti nuovi e straordinari, sia che tu sia chiuso in casa a studiare, il desiderio di amicizia e di essere voluto bene è ciò che rimane.

Sono molto stupito dal fatto che in questa situazione non si voglia perdere l’umanità dei rapporti, anche se spesso c’è il rischio di digitalizzare tutto e di dimenticarsi la persona che c’è al di là dello schermo. La pienezza di vita vissuta in Erasmus mi fa ricordare di come ogni persona incontrata (anche quelle con una storia completamente diversa dalla mia) possa essere un richiamo per vivere più pienamente anche oggi in casa, andando alla scoperta delle umanità che sono più vicino a me in questo periodo, che magari do per scontate quasi tutto l’anno: la mia famiglia.

L’ultimo punto interessante è l’attesa. In questo periodo stiamo vivendo un’attesa che la situazione ritorni quella di prima pur non sapendo bene quando questo accadrà; attendere non significa cancellare tutto questo tempo, ma nutrire una grande speranza per quello che verrà! Anche verso la fine dell’Erasmus mi sono trovato addosso questo sentimento, perché nonostante la bellissima esperienza, sentivo che il bisogno di tornare a casa si era fatto più intenso.

In conclusione quello che non cambia sono io davanti a tutte le circostanze, che spero possano essere sempre un’occasione per crescere e capire che ci può essere qualcosa da scoprire sia in un paese nuovo in cui ti trovi a vivere per alcuni mesi, sia in casa.

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