INTERVISTA A FERRUCCIO RESTA



INTERVISTA A FERRUCCIO RESTA

INTERVISTA A FERRUCCIO RESTA

Dialogo che è nato dalla curiosità sorta ad alcuni studenti a seguito delle elezioni del nuovo rettore del Politecnico di Milano e della fine del mandato di Ferruccio Resta.

Perché ha deciso di candidarsi sei anni fa?

Io sono quello che può essere definito come
un prodotto “Politecnico”. Mi sono laureato al Politecnico di Milano, ho fatto il dottorato, ho avuto una piccolissima esperienza all’estero, ma poi tutta la mia carriera si è svolta qui. Ho fatto il Direttore del Dipartimento di Meccanica e
ho svolto anche il ruolo di Delegato al Trasfe- rimento Tecnologico durante il rettorato di Giovanni Azzone (Rettore precedente a Resta). Quindi, quando si è avvicinata la conclusione del suo mandato, è cominciato a nascere in me il desiderio di poter dare un contributo anche
in quanto Rettore. Allo stesso tempo è sorta in me la preoccupazione di essere all’altezza del compito. Ho quindi iniziato a confrontarmi con le persone più vicine al Rettorato. In seguito
ho dialogato con alcune persone di riferimen- to e con il tempo è maturata questa idea. Uno degli eventi che ha portato alla realizzazione di quell’idea è avvenuto durante un viaggio a New York con la mia famiglia, in cui ho dialogato a lungo con mia moglie per giungere alla conclu- sione che l’idea della candidatura fosse davvero realizzabile.

Ci racconti un episodio significativo per lei che ha marcato questi sei anni.

In questi anni ci sono stati tantissimi momenti di grande soddisfazione. Momenti di grande tensione come quello della pandemia che ci ha segnato violentemente. Quando mi sono candi- dato e ho vinto le elezioni, nel gennaio del 2017, qualche mese dopo, la prima cosa che ho fatto è stato cambiare il Calendario Accademico,

con delle grandissime discussioni con l’allora Presidente del Consiglio degli Studenti. Ero convinto che dovessimo allinearci agli standard internazionali, altrimenti non avremmo potuto fare delle politiche di mobilità studentesca.

Tra giugno e luglio c’è stato un grandissimo movimento dei docenti universitari nazionali per un adeguamento salariale. A settembre del 2017 il corpo docente ha deciso di aderire all’a- stensione degli esami di profitto e degli esami di Laurea, questo è il tipico elemento che crea una spaccatura tra diverse anime dell’Ateneo. Naturalmente il corpo studentesco vedeva leso il diritto di poter svolgere gli esami (con le con- seguenze che poi potete immaginare) e il corpo docente aveva una lesione dei diritti di recupero

degli scatti stipendiali che in qualche maniera non erano ancora stati adeguati dopo il blocco del 2008. Questo è stato il primo momento di crisi. Avevamo fatto in modo di duplicare im- mediatamente gli appelli di esame con due gior- ni di ritardo, quindi tutti gli studenti avrebbero potuto sostenere l’esame due giorni dopo. Alla fine la situazione è stata ben gestita, eravamo tutti soddisfatti. Mi sono detto “basta la mia crisi l’ho vissuta”. Era dal 68’ che non venivano interrotti gli esami universitari. A quel punto

ho pensato che il mio Rettorato sarebbe stato in discesa…ma ci sono stati altri momenti faticosi che hanno segnato questi anni.

Qual è stato il momento più difficile da af- frontare durante questo mandato?

I giorni più difficili sono stati sicuramente quel- li intorno al 20 febbraio 2020. Tornavo da Roma ed ero appena stato eletto Presidente della Con- ferenza dei Rettori Italiani. In treno ho saputo del primo caso di covid a Codogno. Ne si parlava come se fosse il più temuto dei nemici, non

ci siamo accorti che invece il problema fosse più grande di quello che fosse possibile vedere come quando si osserva con un microscopio. Sabato 22 febbraio, due giorni dopo il rileva- mento del primo contagio covid, si è capito che la situazione stesse peggiorando: l’aumento dei casi era esponenziale, si capiva che la situazione stesse precipitando molto rapidamente. Il lu- nedì seguente l’Ateneo avrebbe dovuto riaprire per il secondo semestre: circa 47.000 ragazzi sarebbero rientrati nelle aule, considerando anche l’arrivo degli studenti internazionali. Nel caso di un inizio di pandemia avremmo quindi creato un bacino infettivo molto grande. Mi ricordo, anche confrontandomi in quelle ore col rettore di Bologna, che eravamo forse gli unici ad aver capito che sarebbe stato facile chiudere l’Università, ma sarebbe stato molto difficile ria- prirla perché ciò avrebbe comportato prendersi la responsabilità di assicurare l’assenza del rischio di contagio, e quindi dovevamo essere molto cauti nel gestire la situazione. Allora è stata presa la decisione, per me molto difficile, di comunicare: “chiudiamo per il semestre e ci attrezziamo di conseguenza”. Ci siamo attrezza- ti per andare fino in fondo a quella scelta, anche se non avevamo gli strumenti immediati. Tutto l’Ateneo si è mosso prontamente fin da lunedì mattina, dal preparare i tutorial per l’utilizzo degli strumenti informatici della didattica a distanza fino alla discussione su come imposta- re l’orario. A quel punto, a fronte della ricon- versione digitale, non c’era il bisogno di fare lezione durante l’orario universitario, quindi

molte università hanno deciso di registrarle e poi renderle disponibili. Io ho voluto comun- que mantenere un orario e degli appuntamenti fissi, come l’Open day. Ero fortemente persuaso dell’idea che la vita dovesse continuare.

Tra i vari impegni ha sempre avuto il tempo di dedicarsi agli studenti, da dove nasce questa sua passione e attenzione?

L’insegnamento è una cosa che mi è sempre piaciuta, a parte durante l’anno del Covid in
cui ho odiato profondamente andare in aula, non mi divertivo e se non mi diverto non riesco a trasmettere passione. Esiste un decreto che permette al Rettore di non fare didattica eppure io non mi sono mai avvalso di questa istanza. Ho sempre voluto tenere il mio corso, ma non avrei mai potuto fare solo didattica perché mi piace fare ricerca. Mi piace fare collaborazioni con l’esterno e ho fatto tanta consulenza. La vita universitaria è bella perché fornisce tutti questi ingredienti. L’aspetto migliore è che hai anche l’opportunità di confrontarti con persone dif- ferenti: l’anno prossimo non ci sarete voi come rappresentanti… ma chi hai davanti è sempre della stessa età. Quindi o tu ti mantieni all’al- tezza di quella generazione oppure non non hai più niente da dire. Non ti cercano perché non sei più un interlocutore con cui confrontarsi. Per essere all’altezza delle nuove generazioni devi capirle, devi leggerle e sapere cosa desi- derano, devi sapere cosa chiedono, devi essere autorevole e devi fornire risposte. Tutto ciò ti stimola a fare un percorso anche personale. Se stai in questo ufficio, seduto a questo tavolo pensando alle politiche senza guardare negli oc- chi le persone quando le esponi e senza vedere l’effetto che producono, c’è il rischio di prendere delle derive che poi vanno in una direzione sbagliata. Ho quindi sempre cercato di dedica- re del tempo agli studenti e poi naturalmente

ai Rappresentanti degli Studenti. Incontravo studenti in aula, alla Sagra della Matricola, al Winter Gala, all’Open Day … in quei momenti capisci il tuo lavoro.

C’è qualcosa che cambierebbe di questi anni di mandato?

Sì. Per altro, in questo momento di campagna elettorale per il nuovo Rettore, uno tira le som- me perché vede dei nuovi contenuti e giusta- mente delle nuove proposte. Quindi, anche se in questa campagna sono un elettore come tanti altri, ascolto, guardo e mi confronto e credo sia umano che uno valuti quello che ha fatto con quello che avrebbe potuto fare. Io sono uno che

non è mai contento e che prova a guardare cosa si può fare di più. Certamente ci sono aspetti su cui vorrei aver avuto maggiore attenzione. Ad esempio, su alcuni temi della ricerca, dell’in- ternazionalizzazione e dei laboratori (che avrei voluto potenziare maggiormente), se tornassi indietro avrei migliorato alcuni aspetti.

Quali sono stati i rapporti più significativi che ha costruito durante questi sei anni?

Sono tantissimi.
Ieri ho sentito una lezione di Carlo Ratti, un professore del MIT, che diceva che ci sono due tipi di rapporti. Ci sono quelli che vengono definiti stretti, ossia quelli in cui io conosco te
e tu conosci me e voi due vi conoscete e quindi di fatto è un triangolo che si chiude in se stesso. Questi sono quelli delineano i rapporti con i no- stri amici, con i familiari e che sono bellissimi perché contribuiscono all’edificazione di una comunità, sono un po’ più aridi per innovazio- ne, ma molto più seri per i sentimenti.
Ci sono poi quei rapporti che vengono definiti un po’ lontani. Quelli che si instaurano con persone che incontri una volta a cena o per un convegno, un viaggio, qualcuno o qualcuna che il destino ti ha posto davanti in una determinata contingenza. Quelle persone ti danno tantissi- mo perché ti donano un punto di vista total-

mente differente dal tuo. Allora in questi anni
i Rappresentanti degli Studenti, le litigate con qualche collega, i rapporti con qualche rettore in giro per l’Italia o per il mondo, con qualche Ministro e con qualche manager d’impresa,
mi hanno permesso di allargare questi contat- ti puntuali. Ognuno è stato un pezzettino di storia, un pezzettino di un bagaglio culturale che mi porto dietro, pur sapendo che molti di questi sono più legati al ruolo che alla persona. Probabilmente quando il mandato si conclu- derà, quelli stretti rimarranno e quelli puntuali meno, ma è veramente un ventaglio importante di relazione che mi ha permesso di crescere e di vedere tanti punti di vista diversi.

Che progetti ha per il futuro?

Essendo un romantico molto pragmatico, mi sono preparato con grande anticipo alla conclu- sione del mandato. Vivrò un cambiamento ve- ramente a gradino, come si suol dire in termini matematici. E che cosa cambierà? L’adrenalina dell’agenda si spegnerà, siccome sarà vuota e dal 7 di gennaio bisognerà riempirla. C’è una seconda adrenalina che è quella della decisio- ne. Ci sono i gruppi, le unità di monitoraggio, il Senato, ma alla fine, la sintesi della decisione è sempre spettata a me. Poi c’è l’adrenalina della reputazione e della visibilità perché ti muovi

come rappresentante del Politecnico di Milano. Dunque si spegneranno queste tre lampadi- ne. Devi saperlo e devi essere onorato di aver vissuto questi anni. É stata una bella giostra e te la porterai come bagaglio: ci sono aspetti che ti rimarranno perché non te li toglie nessuno, sia personali che di risultati istituzionali, di movimenti e pensieri. Desidero ricominciare

a costruire qualche cosa che abbia queste tre caratteristiche.
Non ho un disegno chiaro di quello che farò, cercherò qualcosa che mi dia la soddisfazione di avere un interlocutore di interesse, un interlo- cutore che mi stimoli come i Rappresentanti degli Studenti. Ho ancora la voglia di incidere dal punto di vista decisionale e conoscendomi non mi ritirerò a fare il pescatore (nonostante mi piaccia pescare). Vorrei iniziare dal rifarmi l’agenda, ci possono essere tante piccole cose che in qualche maniera ti arricchiscono. Ho ricevuto qualche proposta, ma nessuna mi sod- disfa e mi garantisce la soddisfazione che cerco.

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