Un'università studente-centrica

Vi proponiamo il discorso tenuto dal Pre-sidente del Consiglio degli Studenti e rap-presentante in Senato Accademico Filippo Campiotti in occasione della cerimonia di Inaugurazione del 154° Anno Accademico del Politecnico di Milano il 20 marzo 2017

“Gentili Autorità, Magnifico Rettore, perso-nale Docente e Tecnico-Amministrativo e carissimi Studenti, Buongiorno a tutti. Innanzitutto ci tengo a ringraziare il Ret-tore Resta che ha deciso di darmi anche quest’anno l’occasione di portare la voce degli studenti in questa importante giorna-ta per il nostro Ateneo.
“Essi potranno avvalersi del titolo di Dotto-re in Ingegneria nelle forme, con le modalità e con le responsabilità previste dalla legge. Nell’esercizio della propria attività, i laureati dovranno operare con la dignità che la professione di Ingegnere comporta, ispirandosi costantemente alle conoscenze scientifiche e alla propria coscienza, senza soggiace-re ad interessi, imposizioni e suggestioni di qualunque natura.”
Molti di voi avranno riconosciuto questo testo: è una proclamazione di Laurea. Ho avuto modo di sentirlo poche settimane fa in occasione della mia Laurea Triennale. Mentre lo ascoltavo, ho sentito tutto il peso di queste parole, la responsabilità che mi sono assunto nell’intraprendere questi studi, responsabilità nei confronti di me stesso, della società e del nostro Paese.
Allo stesso tempo, si è resa palese una possibile contraddizione o per lo meno una tensione: se è davvero questo il ruolo dell’Università, generare soggetti adulti e consapevoli che possano con dignità e responsabilità operare per il bene comune e per la società – un ruolo vitale, dunque – come dobbiamo valutare tan-ti segni e segnali relativi all’università, provenienti sia da chi ha responsabilità ultime di governo, sia da coloro che a diverso titolo partecipano alla vita dei nostri atenei? Mi sorgevano queste domande perché spesso ho l’impressione che la coscienza di quel ruolo formativo dell’università sia stata smarrita da molti. L’università mi pare stia diventando una faccenda da sistemare, da controllare, da ridimensionare, e non LA questione decisiva per il futuro delle singole persone e del nostro Paese. Cito i due aspetti che mi sembrano più determinanti in questo senso: 

La costante riduzione del finanziamento pubblico, sia statale che regionale, al mondo universitario. Un esempio che ci riguarda da vicino è quello di Regione Lombardia. Nel bilancio previsionale del 2017 ha stanziato 20 milioni di euro per servizi per il Diritto allo Studio. Tre anni fa il fon-do ammontava a 30 milioni, l’anno scorso a 23. Si conferma quindi un taglio del 33,3%, negli ultimi tre anni. Questi dati, che han-no origine nel taglio dei trasferimenti sta-tali alle regioni, hanno conseguenze dirette sulla vita degli studenti e degli Atenei, i quali si ritrovano a dover riparare i danni di tasca propria. Le famiglie degli studenti, che dovrebbero essere al centro del sistema universitario e non considerati scomodi e indesiderati clienti, pagano sempre più tasse e sopportano l’aumento del costo di mense, alloggi e di tutti quei servizi indispensabili ad una realtà universitaria come quella lombarda, sempre più attrattiva nei confronti degli studenti di tutta Italia e del mondo.

C’è anche una nostra responsabilità, di studenti. L’università spesso è vista e vissuta come un mero erogatore di nozioni, e non come un luogo di incontro, di vita. Tanti studenti si recano in università per seguire le lezioni, poi tornano in fretta a casa, ma senza investire nella vita universitaria. Degli oltre 40mila studenti iscritti nel nostro Ateneo, solo una piccola parte lo vive come un’opportunità a 360 gradi. Un dato che dimostra quanto sto affermando è la scarsa affluenza alle elezioni studentesche, che si aggira intorno al 10%, sul quale puntualmente ci interroghiamo e cerchiamo di individuare quali azioni possiamo intraprendere per sensibilizzare la comunità studentesca a partecipare ad un momento così importante e essenziale. L’Università dovrebbe essere concepita il luogo in cui partecipare della vita dell’Ateneo negli organi attraverso la rappresentanza, o più banalmente il luogo dove possiamo incontrarci, confrontarci, ascoltare musica, fare sport, studiare o semplicemente passare del tempo insieme. Un luogo di con-divisione anche nel rapporto tra studente e docente, o meglio tra allievo e maestro, il quale abbia a cuore tanto l’educazione umana dello studente quanto quella professionale: un allievo che possa imparare a vivere dal maestro, e un maestro che possa guardare l’allievo come l’occasione di scoprire sempre qualcosa di nuovo. Dunque, un luogo di condivisione in tutti i sensi, un luogo di vita.

Posso dire, tuttavia, dopo quattro anni di rappresentanza, che ci sono anche tanti esempi positivi di persone che credono nell’università e la rendono viva. E riparto da qui. In questi anni ho conosciuto e aiutato diversi studenti interessati a impegnarsi nella realtà universitaria attraverso le associazioni studentesche. Vivo in un Ateneo che in questi anni ha deciso di impegnarsi per continuare a coprire con fondi propri la totalità degli idonei di borsa di studio rinunciando ad altri investimenti, sostenendo chi vuole intraprendere il percorso universitario e dimostrando che è più importante il lato umano di quello economico; ho conosciuto e ho avuto la for-tuna di lavorare in prima persona con due Rettori che si sono mossi in maniera serra-ta e appassionata con l’intento di rendere questo luogo sempre più adatto alle esigenze di chi lo vive e di fornire sempre più possibilità ai loro studenti. Hanno interpellato sempre noi rappresentanti e valorizzato quello che noi, nel nostro piccolo, avevamo da suggerire, come nella vicenda del nuovo Calendario Accademico che entrerà in vi-gore il prossimo anno. Li ho visti valorizza-re i nostri progetti e credere in noi, come è stato per esempio con i Project-Work, i corsi a scelta erogati direttamente in azienda attivi da ormai due anni. Ho visto dirigenti, personale tecnico-amministrativo, docenti, spendersi nel loro lavoro per noi con la medesima passione. Da molti di loro ho imparato tanto: in questi quattro anni molte di queste persone che ho incontrato, grazie ad un atteggiamento di stima umana reciproca, hanno concretamente contribuito a farmi diventare quel che sono ora. Perché non valorizziamo dunque un posto così? Perché non diamo il giusto peso ad un luogo che letteralmente può determinare e formare le persone e non gli diamo sempre più la possibilità di farlo? Incitiamo lo Stato e la Regione a tornare ad investire su un luogo così importante, e se non lo fanno, troviamo sempre più investitori privati, aziende ed imprenditori che decidano di contribuire alla formazione del futuro; lavoriamo sulla vivibilità del campus, come già stiamo facendo con il prorettore Faroldi, trasformando l’Ateneo in un luogo di incontro, avendo come priorità quella di creare un luogo che sia casa per gli studenti. Ad oggi il problema spazi all’interno dell’Ateneo, che noi tutti conosciamo bene, ha raggiunto una gravità notevole: chiediamo aiuto al comune per soluzioni anche temporanee in attesa della realizzazione del progetto di Renzo Piano, in quanto non è accettabile che gli studenti di architettura, per fare un esempio, studino letteralmente per terra nei corridoi dell’edificio 11. Anche se si doves-se trattare di una sola settimana, è inaccettabile. La qualità della didattica offerta dall’Ateneo e dei suoi servizi è limitata dai vincoli di risorse spaziali ed economiche, questo è altrettanto inaccettabile in un contesto sempre più internazionale, nel quale, nonostante gli ottimi risultati nelle classifiche QS della nostra università, altre realtà del mondo a noi simili ricevo-no dal loro stato finanziamenti fino a 17 volte ciò che riceviamo noi. Le classifiche ci piazzano appunto al primo posto in Italia e al 24° nel mondo per l’ingegneria, 7° per quanto riguarda il Design e 14° per l’Architettura. Siamo al 183esimo posto nel mondo nella graduatoria dove non viene considerata la materia, e rientra tra i criteri principali il rapporto tra studenti e docenti. Ottimi risultati visti così – ed effettivamente lo sono – ma è possibile che una delle più prestigiose università italiane sia “solo” 183esima nel mondo? Siamo uno Stato di rilievo nel panorama mondiale, abbiamo un patrimonio culturale, umano, tecnico e scientifico unico al mondo: il massimo dell’istruzione italiana meri-ta più attenzione e deve riceverla. Questi sono solo alcuni spunti che mi sembrano evidenziare la necessità di una forte presa di posizione nei confronti dell’università e la necessità di un cambiamento netto nelle volontà e nelle decisioni: evidenziano il bisogno di riacquistare la co-scienza di cosa sia l’università e del ruolo che ha per le persone e per il nostro Paese. Quella che sogno è un’università studente-centrica. Abbiamo la possibilità di plasmare il nostro futuro, e di essere decisivi riportando insieme l’accento su una fase della vita che è troppo importante per re-stare in secondo piano, non lasciamocela sfuggire. Il nostro primo obiettivo deve tornare ad essere quello di investire, umanamente e didatticamente, sulla popolazione che abiterà il nostro Paese nei prossimi decenni.”

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