Un solo cuore attraverso il canto

In Bovisa un nuovo coro di anti alpini

Polipo ANNO X – Numero 2

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Giacomo Negri

Nato a Legnano, studia Ingegneria Energetica, ha i capelli rossi e gioca a pallanuoto.

Andrea Bertazzoni

Milanese, studia Design del Prodotto, ha una lunga esperienza di canto corale e spesso è in ritardo.

Sveglia all’alba, anche se è domenica mattina, e si parte alla volta di Milano. Noi e i nostri amici dell’università -siamo designer e ingegneri- ci ritroviamo insieme a gente mai vista prima e dell’età più disparata, dai ragazzi del liceo fino a uomini anche in là con gli anni. È lo Yarmonia – Young Armonic Time – una due giorni promossa dal coro CeT (Canto e Tradizione) all’insegna del canto popolare, ormai giunta alla sua decima edizione, e che si è svolta il 5 e 6 novembre.

Il primo giorno si sono susseguiti un convegno e il concerto del coro SAT, Società Alpinisti Tridentini, vera e propria autorità in materia di canto popolare nonché punto di riferimento per chiunque vi si cimenti, con la partecipazione di molti giovani. Il secondo giorno invece, presso una scuola del milanese, era in programma una giornata di prove, in cui i cori aderenti, tra cui il nostro, sono stati affiancati da un maestro illustre per aiutare il coro a fare un lavoro di perfezionamento di tre brani scelti per l’esibizione finale. Al termine del concerto, la giuria dei direttori ha assegnato tre premi simbolici per la miglior interpretazione e tecnica di canto, una novità voluta dal coro SAT di Trento.

Ma torniamo a noi: la giornata è cominciata con la Messa, poi sono iniziati i lavori. Il direttore che ci è stato assegnato si chiama pagnato da alcuni ragazzi suoi allievi. Alle 10.30 siamo già all’opera con un’attenzione e una unità impensabile tra persone praticamente estranee: ci ritroviamo così uniti esclusivamente dalla bellezza dei canti e da ciò che essi comunicano. Le tematiche, che poi emergono anche al concerto, man mano che i cori si esibiscono, sono semplici ma profonde e vere, come l’esperienza di un primo innamoramento, il dolore di fronte alla morte o lo stupore di fronte ad una luna che si alza splendente nel cielo.

Arriva il momento della premiazione, sorprendentemente il nostro coro si aggiudica due premi su tre: interpretazione e timbrica! Il terzo premio, intonazione, non ci viene assegnato per pochissimi punti, e lo riceve invece il coro “Cultura e Montagna”, una formazione composta da ragazzi dell’Università degli Studi di Milano – Bicocca. A fine giornata, dopo i festeggiamenti per i risultati ottenuti, rimane una profonda e palpabile gratitudine che supera di gran lunga la vincita dei premi.

Prima dell’inizio delle prove, al mattino, uno degli organizzatori ci ha raccontato dell’incontro con un gruppo di ucraini, venuti in Italia l’anno scorso quando il CeT realizzò ed espose la mostra “Un cuore più grande della guerra”, per raccontare le origini, l’esperienza e la bellezza del canto alpino. Ci ha raccontato della commozione di queste persone ma soprattutto dei soldati ricoverati in un ospedale militare proprio in Ucraina, dove il Cet è stato invitato a cantare. Questi uomini proprio oggi vivono l’esperienza della guerra e, pur senza comprendere i testi dei canti, uno di loro alla fine ha voluto esprimere la sua gratitudine e con sorpresa ha affermato che solo in quel momento aveva capito che si poteva ragionevolmente essere contenti anche in una situazione come quella che stava vivendo: esattamente come gli alpini, dei quali aveva colto il dramma e soprattutto la speranza nelle note dei loro canti. Questa speranza può nascere solo da una persona non annichilita dalle circostanze che attraversa, ma che tiene vivo il proprio desiderio di vita, di bellezza, di verità e di amore. Tutto ciò emerge chiaramente dai canti popolari dei nostri alpini. Questa storia e la nostra esperienza davvero ci portano a dire con certezza che il cuore dell’uomo è lo stesso, a qualsiasi epoca o latitudine, e questi canti in maniera anche misteriosa ma semplice, riescono ad esprimere ciò che abita il cuore di ogni uomo. Il segno di questo è l’unità che si genera, come quella sperimentata allo Yarmonia, tra il coro del Politecnico – Sezione Bovisa e gli ormai amici torinesi.

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